lunedì 19 marzo 2012

Wreckers



Fra i mille e uno motivi che possono spingerci fra le braccia di un film la predilezione per uno dei suoi attori è in effetti il meno ambizioso, ma esplorare la filmografia dei nostri beniamini può essere un'ottima occasione per scovare, nascoste nell'ombra, piccole e interessanti sorprese.

Presentato allo scorso London Film Festival e rilanciato proprio dalla recente ascesa del suo protagonista Benedict Cumberbatch (Sherlock, War Horse, Tinker Tailor Soldier Spy), Wreckers è una tappa indubbiamente minore nel percorso professionale in ascesa della star britannica, ma chi vorrà avventurarsi scoprirà che nel primo lungometraggio della regista di corti Dictynna Hood(autrice anche della sceneggiatura) c'è molto altro da cercare e da scoprire.

David e Dawn, freschi sposi pronti a iniziare una nuova vita insieme, abbandonano il caos cittadino per stabilirsi nel tranquillo villaggio del Kent dove lui aveva trascorso l'infanzia: fra le serate con gli amici, la sistemazione della casa nuova e i vani tentativi di avere un bambino, le giornate trascorrono sempre uguali e senza incertezze fino all'improvvisa entrata in scena di Nick, fratello minore di David, afflitto da violenti attacchi di rabbia all'apparenza provocati dai suoi recenti trascorsi bellici in Afghanistan; il suo arrivo porterà allo scoperto memorie penose, rivelando un lato oscuro di David che Dawn non aveva mai conosciuto e stravolgerà l'equilibrio della coppia, destinata a cadere prigioniera per sempre di una fittissima ragnatela di bugie.

Davanti a un crocevia di possibilità, le strade che il film sceglie di seguire sono molteplici e la carne al fuoco è davvero troppa perchè tutto possa funzionare a dovere, ma nella costante ambizione di fondere dramma familiare e thriller psicologico anche il più inadatto tassello del puzzle riesce comunque a giustificare la sua collocazione: in un microcosmo dove è quasi impossibile sottrarsi alle domande dei conoscenti e la tranquillità    può facilmente degenerare in isolamento, che un piccolo villaggio sia il contesto ideale per stanare ipocrisie non è una novità, ma ciò che riesce a fare la differenza in questa pellicola indipendente è piuttosto la sua totale immersione, insieme forza e debolezza del progetto, in un' evanescente quanto angosciante dimensione sospesa.

Attraverso campi verdissimi che vibrano del respiro degli alberi e dentro le bianche pareti di una casa ancora vuota e malinconica(ottima la luminosa fotografia di Annemarie Lean-Vercoe) è con gli occhi di Dawn("la piccola Dorrit" Claire Foy è davvero cresciuta), la cui fragilità convive con un'indole altrettanto determinata e vendicativa, che il film scava nella crisi della coppia fino a rivelarne il cuore più doloroso: i trascorsi in Afghanistan di Nick(un bravo Shaun Evans) vengono rapidamente accantonati e non adeguatamente sviluppati come ci saremmo aspettati, ma la sua follia diventa presto il sintomo di un misterioso passato di abusi inconfessabili, pronto a stravolgere con violenza non solo la tranquillità dei due sposi, ma anche il castello di bugie costruito intorno alla piccola comunità che li circonda. 
Lasciata fuori dallo strano e morboso legame dell'uomo con suo fratello David(un Benedict Cumberbatch perfetto nell'alternare la dolcezza di un marito innamorato a uno sguardo di oscurità e inquietudine), Dawn (e lo spettatore con lei) rimane relegata dentro una bolla silenziosa, un mondo di ombre e  sussurri impossibili da raggiungere che la spinge ad arrendersi al compromesso, necessario per tentare di ritrovare la felicità perduta e non privo di drammatiche e drastiche decisioni,di non indagare nella memoria di quel marito che aveva creduto di conoscere e che invece sembra nascondere troppi oscuri segreti.

Privato di ogni valvola di sfogo tipica del genere, (se lo avessimo girato in Italia difficilmente ci saremmo fatti mancare litigi feroci e grida disperate), Wreckers abbandona al silenzio le risposte a tutte le domande, sfuggendo costantemente al confronto diretto e restituendo in cambio, complice una camera che alterna inquadrature strettissime addosso ai personaggi  al disorientamento di vasti spazi aperti, una dose di angoscia e instabilità non comuni.

Non una visione perfetta, ma efficace nel sviscerare il vuoto di un gruppo di anime alla deriva, naufraghe e distruttrici(Wreckers in inglese ha entrambi i significati), che dopo aver cercato a lungo un approdo alla fine preferiscono non andare oltre e lasciarsi annegare nel mare del dubbio: con tutta la sua triste amarezza, una fortissima esperienza.

ps: Benedict, qui ti vuole benissimo...ma a quando una bella commedia? I miei dotti lacrimali non ce la fanno più e la mia scorta di kleenex sta per terminare. Pensaci su ok?

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