venerdì 24 maggio 2013

The Great Gatsby



"Gatsby believed in the green light, the orgastic future that year by year recedes before us. It eluded us then, but that's no matter - tomorrow we will run faster, stretch out our arms farther... And one fine morning - So we beat on, boats against the current, borne back ceaselessly into the past."

La firma di Baz Lurhmann si iscrive nel panorama cinematografico con tratti caratteristici e inequivocabili, ma per quanto possiamo pensare di aver appreso le regole del gioco e di essere pronti a goderci lo spettacolo, ogni nuovo appuntamento in sala finisce per smentirci clamorosamente: parliamo dell'uomo che ha dato a Romeo Montecchi una camicia hawaiana e portato le musiche dei Nirvana sul palcoscenico del Moulin Rouge, eppure nonostante non possa dirsi particolarmente prolifico(5 film in 20 anni di carriera) la vertigine che accompagna i suoi lavori lascia puntualmente il suo pubblico spiazzato fra sconcerto e meraviglia, costretto a scegliere se lasciarsi travolgere dalla giostra di una messa in scena barocca e sovraccarica o pretendere di scendere immediatamente; chi sarà ben disposto a partecipare alle sue costose parate potrà però godere della compagnia di un regista tanto anticonvenzionale quanto profondamente classico, deciso a sfruttare la contaminatio di generi, musiche e ambientazioni per riportare in vita con gusto contemporaneo un cinema melodrammatico e colossale, bagliore di una Hollywood che non esiste più se non nei ricordi di vecchi cinema dalla poltrone di velluto minacciati dall'avanzare dei multisala.

"He gives large parties, and I like large parties - they're so intimate. Small parties, there isn't any privacy."

Nella sua costante predilezione per love affairs tragici e impossibili che iniziano a sbocciare veramente solo se messi alle strette da un pubblico che sappia essere giudice e testimone( Romeo e Giulietta che si scoprono innamorati nel caos della festa dei Capuleti, Satin e Christian che si giurano amore eterno sul palco del Moulin Rouge e persino Sarah e Drover, che danno scandalo mostrandosi insieme a un party in Australia), era solo questione di tempo prima che Luhrmann scegliesse di rivolgere le sue attenzioni al Grande Gatsby di F.Scott Fitzgerald, fiore all'occhiello della letteratura americana che trova nell'ostinata convinzione di dover rendere "rispettabile" la purezza di un amore solo dopo aver ottenuto una palese benedizione sociale una delle sue immagini più ricorrenti.

Dopo la versione del 1974 sceneggiata da Francis Ford Coppola, tentativo raffinato ma esangue che aveva dalla sua un elegante Robert Redford e un'odiosa e splendente Mia Farrow, Baz Luhrmann sfida i suoi detrattori più acerrimi piegando il materiale originale alle esigenze della sua appassionata poetica senza mai dimenticare il rispetto per la fonte: il suo The Great Gatsby è una trasposizione per immagini frizzante e multiforme che preme al massimo l'acceleratore per poi frenare bruscamente e rallentare, ma solo perché filologicamente fedele al ritmo di un'opera che non più sostenuta dalla prosa del suo autore rivela uno scheletro troppo fragile per non venire colmato sullo schermo dal magnetico fascino del suo protagonista.

Rileggendo la frenesia dei roarin' twenties secondo la sua personale visione, Baz Lurhmann sfuma i contorni del contesto storico e sociale del romanzo per mettere maggiormente a fuoco ciò che davvero gli interessa: come l'inquieta Parigi della Rivoluzione Bohémienne, la New York innaffiata di ricchezza che si scatena danzando sulla pista fra coppe di Champagne e abiti leggerissimi liberi dal corsetto è soprattutto un pretesto per raccontare la storia di un gruppo di anime perdute, finite alla deriva nel torrente di  una società ipercinetica che pensa di poter realizzare tutti i suoi sogni e invece sta rimpiazzando il suo cuore con un raffinato e costoso guscio vuoto.

Mettendo con intelligenza l'inusuale uso del 3D  a servizio di una profondità di campo che renda visivamente innegabile non solo la distanza fisica fra i protagonisti, marcata con abbondante uso di CGI dalle lunghe panoramiche che corrono sulle acque della baia di Long Island, ma anche quel muro invalicabile eretto dal tempo e dai vincoli di classe che riesce a separare i personaggi e ad allontanarli l'un l'altro anche in una semplice stanza d'albergo.

Fra lustrini e pagliette, degradate zone polverose e ponti che si perdono a vista d'occhio sullo skyline di una città che non dorme mai, Luhrmann gioca con la saturazione dei colori dipingendo le illusioni di un'epoca irrequieta, briosa e pur estremamente tragica che regge il suo scomodo equilibrio sulla contraddizione fra lo splendore della Magione di Jay Gatsby e l'oscurità dell'infame valle delle Ceneri: le straordinarie feste descritte nel romanzo sono davvero degne di questo nome, illuminate dagli indimenticabili costumi che Catherine Martin ha disegnato con la collaborazione di Miuccia Prada( l'abito di Cristalli e la tiara di diamanti di Daisy sono già leggenda) come dalla scelta del regista di sostituire charleston e fox trot con Beyonce e Jay Z, celebrando un matrimonio felice fra le audaci sonorità contemporanee da videoclip e quelle inquiete e sensuali dell'età del jazz.
Nella colonna sonora non c'è però solo spazio per scelte anticonvenzionali: vero e proprio Love Theme di Gatsby e Daisy, young and beautiful di Lana Del Rey attraversa tutto il film con dolcezza e nostalgia, fondendosi con lo splendido e tragico score dello storico collaboratore di Lurhmann Craig Armstrong.

Com'è sua abitudine, il regista australiano consente alla vicenda di respirare con occasionali e benvenute pennellate di ironia ( la scena del tè a casa di Nick è un teatrino tenerissimo e irrinunciabile), ma nel proseguire saldamente sui binari già tracciati da Fitzgerald l'allegra baraonda della prima parte viene presto sostituita da uno sguardo più pacato sui personaggi per insistere volutamente sulle loro contraddizioni, utopie e ipocrisie.
Il calo di ritmo si rivela obbligatorio e necessario, ma non fa perdere comunque smalto a un adattamento che non può essere tacciato di "colpe" che in realtà discendono unicamente dallo sviluppo narrativo voluto dall'autore: che piaccia o meno, sono le stesse pagine del romanzo ad essere avvolte da uno sgradevole senso di incompiutezza e inafferrabilità e a portare l'amara conclusione che l'intero viaggio sia stato forse vano e inutile, con la macchina del dio denaro che sfreccia sull'asfalto senza lascia scampo ai sognatori per continuare a divorare ogni cosa, almeno finché la crisi del 29' non porrà fine alla sua folle corsa scuotendo le fondamenta del sistema.

Come la maggior parte delle coppie tormentate che popolano la filmografia del regista australiano, Anche Gatsby e la sua Daisy hanno un menestrello solitario a cantare la loro triste storia: impotente testimone degli eventi, Nick Carraway ritrova il ruolo di scrittore e narratore già attribuitogli da Fitzgerald grazie alla scelta della sceneggiatura, scritta a quattro mani da Lurhmann con Craig Pearce, di ritagliare appositamente per lui una cornice narrativa indipendente che possa inglobare il racconto e mettere al suo posto ogni frammento.

Come Christian nella sua angusta camera a Parigi, ormai esaurito e alcolizzato Nick affida i ricordi dolorosi della torrida estate del 22' a una penna e a una macchina da scrivere, per diventare la coscienza di un nuovo secolo che vuole mascherare con sfarzosa ricchezza e cronica indolenza la perdita della sua innocenza, seppellita per sempre nelle trincee della Grande Guerra: il prezzo da pagare per per questo piccolo plot device è un voice over costante, che quasi non si fida a lasciare i personaggi soli coi loro dubbi e insicurezze e che forse avrebbe potuto essere sforbiciato con maggiore coraggio, oltre che il sacrificio della complicità abbozzata nel libro e qui quasi del tutto assente fra Nick e Jordan Baker, anche lei semplice spettatrice con ben poco potere d'azione; la bella golfista amica di Daisy Elisabeth Debicki è talmente deliziosa e perfetta che la vorremmo sempre e comunque sulla scena, mentre pur avendo il physique du role opportuno per indossare la modestia e la goffaggine di Nick Tobey Maguire non riesce a raggiungere la naturalezza necessaria per essere allo stesso livello dei colleghi.

"Can't repeat the past? Why, of course you can."

Ogni piccola imperfezione nella gestione della narrazione non poteva però che finire minimizzata dalla presenza di Jay Gatsby e dal suo sogno unico e incompreso, reso ancora più grande e immenso dall' incarnazione ideale regalataci da Leonardo Di Caprio(alla sua seconda collaborazione con Baz dopo il visionario e postmoderno Romeo+Giulietta).
Per lottare contro il fantasma del dramma romantico Leonardo Di Caprio si è affidato alla furbizia di Frank Abbagnale e alla perfidia di Calvin Candy, alla determinazione di J. Edgar e alle ossessioni di Howard Hughes: quando il suo personaggio in Revolutionary Road sembrava aver ucciso definitivamente l’amore, Leo è riuscito a riportarlo in vita con Shutter Island e soprattutto con Inception, pronto a nascondere sotto la sua architettura onirica una storia d’amore commovente di quelle che ti spezzano il cuore; ciononostante, era da tempo che l'attore americano non si concedeva un personaggio come Gatsby, così sfacciatamente romantico e anacronistico.

Prigioniero dell'innocenza di un sogno di gioventù che lo rende tenero e infantile ma allo stesso tempo cieco e ingenuo dinanzi al cinismo della nuova società il protagonista del romanzo di Fitzgerald è un mistero che affascina e commuove da sempre generazioni di lettori, ma che grazie alla prova eccellente di Di Caprio si veste di un carisma e una passione irresistibili: è davvero dura non lasciarsi conquistare dal sorriso di Jay Gatsby mentre fa il suo primo trionfale ingresso sulla scena accompagnato dalla Rapsodia in blu di Gershwin, o quando tira fuori dagli armadi tutte le sue costose camicie trasformando la stanza in un nuvola di stoffe colorate solo per mostrarle alla sua bella, felice e divertito come un ragazzo che ha ancora tutto da costruire e da scommettere; gli occhi di questo Gatsby ci guardano nel modo in cui tutte le ragazze vogliono essere guardate, restituendoci continuamente il riflesso della luce verde di speranza e ottimismo che brilla al di là della baia spingendoci inseguire sogni impossibili e a ritrovare ciò che è andato perduto, ma non dimenticano neppure l'ambiguità di un self made man ossessionato dalla passione per la sua dama tanto quanto dal bisogno di essere accettato nel regno dorato che la tiene prigioniera.

"They were careless people, Tom and Daisy—they smashed up things and creatures and then retreated back into their money or their vast carelessness, or whatever it was that kept them together, and let other people clean up the mess they had made."

Combattuta dal ricordo di un passato che non può più ripetersi, Daisy Buchanan si conferma ancora una volta uno dei personaggi più imperdonabili della letteratura: avvolta nel suo vaporoso abito bianco e con un enorme anello di brillanti ben in vista, sin dalle prime inquadrature Carey Mulligan è una ninfa dall'espressione fresca e vivace ma ormai svuotata di ogni ardore da una classe sociale viziata e stiracchiata, che è riuscita nell'impresa di trasformarla in un conveniente e grazioso figurino.

A completare la rosa di vittime e carnefici ci pensano Joel Edgerton e Jason Clarke, entrambi in congedo dalle forze speciali di Zero Dark Thirty, e un'azzeccatissima Isla Fisher nei panni della colorita ed esuberante Myrtle: se a Clarke viene concesso giusto il tempo di farsi deux ex machina per portare la storia verso il suo inaspettato epilogo, il lavoro di Edgerton sul marito di Daisy Tom Buchanan è tanto impeccabile da impedirci di odiare del tutto il suo personaggio, grazie a un apparente senso di tenerezza e complicità nei riguardi nella moglie che a suo modo sembra giustificare la loro improbabile unione.

Mentre Nick Carraway batte a macchina le ultime memorabili parole sull'enigmatico Gatsby, il film di Luhrmann si congeda lasciandoci in eredità l'anima semplice ma per niente scontata di un film ambizioso e meravigliosamente imperfetto, come l'ostinato disegno dell'uomo che crede fino alla fine di poter salvare la purezza del suo primo amore dall'impietoso logorio del tempo: la cosa più importante è ancora amare e lasciarsi amare, anche se a questo mondo frenetico e superficiale non sembra più abbastanza.


ps: Grazie a Leonardo Di Caprio ho anche vinto un concorso a tema The Great Gatsby organizzato da Ciak, spiegando in un breve pezzo perchè il caro Leo fosse perfetto per il ruolo del protagonista( si tratta più o meno di quanto ho scritto sopra nel paragrafo a lui dedicato).
Thank you Leo, Thank you Baz, and Thank you Ciak.



18 commenti:

  1. Questo film sarebbe stato perfetto se Luhrmann non fosse diventato troppo didascalico sul finale, che dissipa tutte le incertezze e la voluta discrezione del libro.
    Altra pecca è Tobey Maguire, un attore peggiore era forse impossibile da trovare.
    Per il resto, un film con delle immagini splendide e alcuni interpreti (Di Caprio e Joel Edgerton) semplicemente grandiosi!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. è vero il finale poteva essere limato meglio ma più che altro perchè per essere fedele al 100% al romanzo ripete la rivelazione di Gatsby praticamente 2 volte appesantendo il tutto...ma non importa, il film è comunque bellissimo, non capisco quale sia stato il problema dei critici a Cannes...

      Elimina
  2. A me è piaciuto moltissimo, ho ammirato il coraggio di Luhrmann di proporre la sua personale visione di Gatsby *-* Come detto dalle mie parti, promozione piena!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. assolutamente, è in tutto e per tutto un film di Luhrmann, ma il suo taglio funziona e rende la storia estremamente emozionante e commovente ;)

      Elimina
  3. Wow che fortunata! :)
    Film meraviglioso :)

    RispondiElimina
  4. Risposte
    1. Thank you Ford, complimenti anche a te che hai fatto un ottimo lavoro nell'elogiare e difendere il film come merita. #TeamGatsby!

      Elimina
  5. Ciao! Ho appena scoperto con piacere il tuo blog e questa bellissima recensione di un film che anch'io ho apprezzato molto, sebbene sia rimasta inizialmente disorientata dall'esagerazione di luci, lustrini e musiche contemporanee: trovo che la tua definzione di "film meraviglioso e meravgliosamente imperfetto" calzi alla perfezione al Grande Gatsby! Complimenti! Cristina

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie mille e benvenuta! Ti seguo anch'io molto volentieri...al prossimo film ;)

      Elimina
    2. Grazie a te, Alessia! Alla prossima! ;)

      Elimina
  6. Grazie per le tue come sempre bellissime recensioni. Non mi resta che aspettare martedì, quando andrò finalmente al cinema per vedere il film. Ho amato moltissimo il libro e il film con Redford, e credo apprezzerò questa nuova versione.
    Ti faro' sapere :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te ;) spero che il film ti piaccia, fammi sapere!

      Elimina
  7. film bello, splendida recensione ;) e complimenti per il premio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. thank you very much :) merito soprattutto del Grande Leo :)

      Elimina
  8. Recensione molto bella e coinvolgente. E complimenti sinceri per il premio!!

    Francesco F.

    RispondiElimina
  9. Bella recensione, anche se come sai non mi è piaciuto fino in fondo..!

    PS Aggiungo il tuo blog ai miei preferiti! :)

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

condividi