domenica 19 marzo 2017

Frantz


"Les sanglots longs
Des violons
De l'automne
Blessent mon coeur
D'une langueur
Monotone.
Tout suffocant
Et blême, quand
Sonne l'heure,
Je me souviens
Des jours anciens
Et je pleure

Et je m'en vais
Au vent mauvais
Qui m'emporte
Deçà, delà,
Pareil à la
Feuille morte."
(Chanson d'automne, Paul Verlaine)

Una ragazza porta tutti i giorni i fiori sulla tomba del fidanzato: il corpo del suo amato non appartiene a quella terra, sepolto senza nome in qualche campo francese ancora insanguinato da una Guerra che si è portata via tutta la giovinezza delle Nazioni che l'hanno scatenata lasciandosi dietro solo fantasmi; il mondo che li circonda è in bianco e nero, gli unici colori concessi dal lutto e dal dolore di chi finge di poter ricominciare ma ha perso per strada troppi pezzi: la cartolina che presenta Frantz di François Ozon è di quelle che potresti trovare nei romanzi di Stefan Zweig, con la Mitteleuropa reduce dal Primo Conflitto Mondiale incapace di riappacificarsi con lo straniero quanto con sé stessa e la sua arroganza, la stessa che avrebbe riportato il mondo sull'orlo del baratro vent'anni dopo aver lavato via dagli scarponi le croste di fango delle trincee.

domenica 5 marzo 2017

Arrival


"Despite knowing the journey and where it leads... I embrace it. And I welcome every moment of it."


Una finestra di pace che guarda sul mare, incorniciata su un tramonto azzurro con l'acqua che tutto lava e tutto ritorna, una bambina che nasce e che cresce imparando ad amare il mondo e la vita che ha ricevuto, sotto gli occhi felici della mamma che non l'avrebbe mai lasciata: più che ai classici della fantascienza, le prime immagini di Arrival di Denis Villeneuve sembrano guardare a La Sottile Linea RossaThe Tree of Life di Terrence Malick, decodificandone la struggente bellezza visiva in un film che ne raccoglie il messaggio con straordinaria sincerità e candore, ma senza inciampare nella trappola di autocompiacimento di cui soffrono meccanismi autoriali ormai consolidati.

venerdì 3 marzo 2017

La La Land



"...And here’s to the fools
who dream
Crazy, as they may seem
Here’s to the hearts that break
Here’s to the mess we make."

La cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare, ma non al prezzo di un sogno troppo grande per rischiare di rimanere chiuso nel cassetto: i versi di Nature Boy che erano divenuti il motto del Moulin Rouge di Baz Lurhmann avrebbero potuto trovare terreno fertile anche in La La Land di Damien Chazelle, seconda prova di pregio del trentaduenne regista dopo Whiplash e film musicale nel genere quanto nell'ambientazione, se solo non fosse stato lontano anni luce dalla riproduzione di un archetipo che ponesse le basi per una romantica e appassionata fantasia d'amore come era invece accaduto nel film di Lurhmann; torna prepotente piuttosto il tema della prioritaria realizzazione delle proprie ambizioni, parecchio caro a Chazelle per ragioni che non escludiamo essere prettamente autobiografiche, rivestito di un approccio di cuore più soft che lascia indietro gli schizzi di sudore e sangue rimasti sulla batteria di Miles Teller ma non per questo rinuncia a spezzarci il cuore e a farci soffrire.
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